sabato 22 ottobre 2011

SPADE & SPAGHETTI (racconto)

A D.
La pasticceria Borgia si trova di fronte la Basilica di San Salvatore , dove mio padre decise di cresimarmi appena fu possibile l’adozione. Era un uomo davvero molto cattolico, ma in quell’occasione mi presentò soltanto alcuni dei suoi dipendenti, perchè invitati in chiesa.  Aggiunse che non era il momento opportuno per visitare la roccaforte della sua fortuna. Quella locuzione “momento opportuno” mi sembrò del tutto fuori luogo. Forse aveva invertito il tutto. Era la  scelta di fede da riferire a dio, che andava fatta in modo oculato e personale, non la conoscenza di un posto così suggestivo ed eccitante solo alla vista.
Optai per il silenzio, capendo subito che la solitaria libertà era stata (forse) annientata dall’adozione di un servo per un padrone. Un padrone che odiava la solitudine e la vedovanza.
Scelsi di fare lo chef in un giorno di settembre. Ricordo che nella mente continuavo a sentire l’oboe di Gabriel che mio padre mi aveva fatto apprezzare pochi minuti prima. Non volevo distaccarmi da quelle note così celesti. Aprii la porta emozionato e trovai gli occhi verdi di Ael. Era poco più grande di me. Ricordo che l’oboe fu spazzato via dal battito accelerato forte, sempre più forte… impallidii con la paura che tutti i presenti sentissero la mia emozione, perché era questo che continuavo a ripetermi: “ è solo un’emozione, Leone”. Ma a cosa serve un’emozione se non sai esprimerla a parole? Il mio posto era lì, di fianco ad Ael. Volevo costruire il mio futuro in quel mondo così vivo e pieno di colori ed odori che influenzavano i sensi.
Il signor Borgia mise anni ad accettare questa mia scelta. E per quest’ultima non intendo solo quella lavorativa. Il concetto di scelta include il mio modus operandi  coerente alla mia essenza. Da bambino era stato privato coattivamente di innocenza prima, e di un’infanzia, poi. Non potevo e non dovevo proibirmi di altro. Non potevo precludermi di scegliere la vita, di scegliere la libertà, di scegliere le mie emozioni. È ovvio i consigli e i consensi sono sempre presenti in un’esistenza. Se ne ha bisogno in modo continuo e costante.  Sfido chiunque a trovare un uomo che non cerchi conferme. D’altro canto consigli e consensi sono inutili se dispensati con pregiudizio e senza un atteggiamento empatico. Empatia, ascolto e un sorriso era questo che cercavo di continuo. Era questo che ritrovai in Ael.
Capii di amare Ael durante la preparazione di una torta al mirtillo. La signora Eroli l’aveva richiesta per il diciottesimo compleanno della figlia. La stava decorando, si fermò all’improvviso e mi fissò con quegli occhi verdi colmi di domande. Avevo paura della prima, determinante. Forse aveva capito? Forse vedeva un punto di non ritorno tra noi? Forse voleva dichiararmi la sua di emozio?
- Leone: sei ossessionato dai dettagli dei ricordi. A volte non capisco se lo fai per sorprendere chi ti ascolta o perché ci sei nato. Ogni volta che racconti poi, anche fatti recenti, ti riferisci ad un passato…come se non ci fossero mai delle ripercussioni nel presente. Sono anni ormai che ci conosciamo. Sono anni che trascorri “forzatamente” le tue otto ore quotidiane al mio fianco… beh, ora dimmi, Leone, che c’è, cosa c’è che ti blocca? Cosa c’è che non ti fa parlare di un solo ricordo, del tuo vero passato? Quali sono i veri dettagli a darti il tormento, tanto da diventare la tua unica ossessione?
La signora Eroli non ebbe mai la decorazione, ma apprezzò lo stesso l’accostamento di crema e mirtilli. Ael, invece, continuò a fissarmi. Volevo farmi capire senza troppe spiegazioni. Sapevo che erano indispensabili. Ma la vergogna e il conato erano lì, pronti a venir fuori da un momento all’altro. Volevo che quel terribile episodio morisse con me, come se non l’avessi subito... non esternandolo potevo allontarlo, negli anni.
Mi avvicinai, dolcemente. Presi le sue mani che ormai conoscevo più dei suoi occhi e le portai vicino la bocca. Volevo che smettesse di tremare e che mi perdonasse, perché convinto che non sarei mai riuscito a dire nulla di ciò che aveva realmente spezzato una vita. La mia. Nessun tremore, nessun sussulto, nessun imbarazzo. Era tutto naturale, era tutto già vissuto nella mia mente. Lo strinsi a me, forte. Ma non era una forza come violenza, mai avrei potuto. Era protezione, la stessa che ricercavo da sempre. Volevo proteggerlo dalle mie verità, dai miei dolori, dalle mie paure. Volevo che fosse preparato alla consistente dose di pazienza che doveva impiegare se sceglieva di amarmi. Lui era l'Amore, dal primo sguardo. La mia prima emozione autentica. Puntavo alla reciprocità.
Ogni flusso di pensieri, dubbi, tentazioni fu interrotto dal suo respiro. Era intenso, vivo e su di me. Di nuovo l’oboe di Gabriel. Lo sentivo sempre quando giungevo all’Abbandono. Avevo scelto di abbandonarmi nel respiro di Ael. Sentivo il ribes ancora ammorbidirgli le labbra e la vaniglia dissolta tra i capelli. Poi i sapori e gli odori si confusero lentamente, come se Ael fosse in grado di racchiudere la parte migliore di ogni ingrediente per esprimere l’unità incantevole della sua arabica bellezza.
Preparò un tè e dei biscotti alla cannella, lasciandomi contemplare la sua rassicurante nudità nel silenzio.
Raccontai così delle mie passeggiate sulla spiaggia a Viareggio, da bambino.  Per scendere a raccogliere le conchiglie bastava che avvisassi qualche padre dell’ orfanotrofio.  Casa – spiaggia scarsi cento passi. Solo cento passi. Sarebbe bastato un urlo. Sarebbe bastato gridare un nome.Sarebbe bastato gridare aiuto. Non feci niente di tutto questo. Mi rassegnai alle voglie perverse di un rispettabile signore del posto, che vedevo sempre in chiesa con la moglie la domenica. Sento ancora quelle mani di notte. Vedo ancora la malattia tappargli le orecchie e la vista. Non lo riconosci il pianto di un bambino? Si spezza così la sua voglia di vivere. Si distrugge così la sua capacità di amare. Si diventa inabili, sì. Si vergogna, si reprime, si punisce. Anche se resti una vittima.
Ricordo ancora le sue lacrime, sempre silenziose, scendere su tutto il corpo. Percepivo l'imbarazzo nel suo sesso scoperto, in quel momento così difficile per me. Volevo subito calmarlo. Non volevo obbligarlo ad un comportamento “diverso”. Un trattamento di “favore” perché ora vedeva quel bambino sofferente.
Decisi di svelarmi sì, ma per una ragione diversa. Ael doveva conoscermi. Conoscere per scegliermi. La scelta è possibile solo nella conoscenza. Amare Ael fu naturale ed incondizionato, dal primo sguardo.  Provare ad essere il suo compagno per la vita avvenne solo dopo quella confessione. Il mio primo atto di amore.
L’oboe di Gabriel.

Nessun commento:

Posta un commento